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Giovani e dinamiche, le startup dell’agrifood promuovono la sostenibilità del settore alimentare per raggiungere gli SGDs dell’Agenda 2030

07/12/2022
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Sostenibilità

Nella Decade of Action, come l’Onu ha definito il decennio 2020-30, occorre accelerare sulla via dello sviluppo sostenibile, soprattutto nel settore agroalimentare, in cui i dati raccontano di una crisi di proporzioni sempre più estese. Nel 2021, secondo i dati FAO, ben 828 milioni di persone soffrono la fame, mentre altri 2,3 miliardi di persone si trovano in stato di moderata o grave insicurezza alimentare. Anche in Italia, il 6,3% della popolazione si trova a fronteggiare problemi di accesso al cibo.

 

Un ruolo importante nel settore agroalimentare a livello mondiale lo stanno sempre più giocando le startup, che spesso nascono inserendo nella propria strategia di sviluppo i temi cruciali della sostenibilità. Lo rivela l’ultima ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano. Dallo studio emerge che il 34% delle startup dell’agrifood censite tra il 2017 e il 2021 sono infatti impegnate a perseguire uno o più SDGs dell’Agenda 2030 dell’Onu.

 

E lo fanno in relazione all’utilizzo delle risorse naturali (SDG 12 target 12.2, il 30% delle startup); alla tutela degli ecosistemi terresti e d’acqua dolce (SDG 15 target 15.1, il 21%); alla promozione della cultura della sostenibilità (SDG 12 target 12.8, il 17%); all’aumento della produttività e della resilienza rispetto ai cambiamenti climatici (SDG 2 target 2.4, il 17%); alla promozione del turismo di prossimità e sostenibile e delle produzioni locali (SDG 8 target 8.9, il 16%). Meno diffuse sono le azioni a favore della riduzione dello spreco alimentare (SDG 12 target 12.3, 11%), del lavoro dignitoso e di qualità (SDG 8 target 8.5, 8%) e della promozione dell’uso efficiente e dell’accesso equo alle risorse idriche (SDG 6 target 6.4, 7%).

“Di fronte alle sfide epocali ed emergenti del settore, le startup agrifood propongono soluzioni innovative che puntano a migliorare la sicurezza alimentare e favorire la transizione a modelli di produzione e consumo più sostenibili e inclusivi – afferma Paola Garrone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability -. Le giovani imprese sono le prime a farsi promotrici di tecnologie, servizi e modelli di business innovativi, cogliendo nuove opportunità di mercato. I modelli di business proposti sono essenzialmente orientati alla sostenibilità, per cui diventano il soggetto ideale per osservare da vicino i trend di innovazione e l’introduzione di nuove pratiche di sostenibilità nell’agrifood”.

Con una popolazione fortemente urbanizzata, le città si rivelano sempre più vulnerabili nel garantire l’accesso alle risorse alimentari, e la crisi pandemica ha messo in evidenza queste criticità, rendendo sempre più necessarie azioni sinergiche per contrastare lo spreco alimentare. “Emerge il ruolo fondamentale delle collaborazioni cross-settoriali per il recupero e la distribuzione di alimenti a fini sociali – ha spiegato Giulia Bartezzaghi, Direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability – Queste esperienze coinvolgono ente pubblico locale e privato, profit e non profit, aggregando risorse e competenze strategiche sul territorio per fornire una risposta congiunta al fabbisogno crescente di cibo sano e nutriente da parte delle fasce più vulnerabili della popolazione urbana”.

Nascono da qui tutte quelle esperienze che untano al recupero e alla ridistribuzione delle eccedenze alimentari, tramite diverse forma che vanno dalla donazione alla spesa sospesa fino alla trasformazione dell’eccedenza in pasto cucinato o prodotto distribuito dai cosiddetti supermercati sociali. Come il “Culinary Misfit” a Berlino, che riutilizza frutta e verdura scartata per difetti per cucinare pasti serviti gratuitamente alle persone in difficoltà. O ancora esperienze di spese sospese come “Spesa SOSpesa” al mercato comunale nel quartiere Nolo di Milano e “Fate Bene” a Torino.