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Made in Italy alimentare: i giovani sono disposti a pagare di più per acquistarlo ma è anche il più falsificato

23/11/2022
copywriter-ohi-vita
Educazione Alimentare

Gli italiani non solo riconoscono il valore dei beni e servizi realizzati in Italia, ma sono anche disposti a pagare di più per acquistarli: circa la metà degli intervistati dalla recente ricerca Kroll/Nielsen si dice infatti pronta a spendere fino al 20% in più rispetto ai prezzi medi del mercato. La propensione all’acquisto del Made in Italy, anche a fronte di una maggiore spesa, è diffusa soprattutto tra i giovani: la fascia di età tra 18 e 24 anni, infatti, risulta quella maggiormente disponibile a spendere oltre il 50% in più per un articolo di origine italiana.

 

Questo è vero in particolare per alcune categorie merceologiche come i prodotti per la cura del corpo e il make up, indicati dal 20,4% degli intervistati fino a 24 anni di età, la ristorazione (17,3%), i prodotti alimentari (16,4%), i servizi turistici (14,5%) e il settore moda/abbigliamento (13,3%). A mettere d’accordo tutte le generazioni coinvolte nella ricerca, invece, risulta la disponibilità di spendere di più per acquisti nel comparto agricoltura/alimentare: a livello complessivo, il 9,5% del campione è disposto a pagare oltre il 50% in più rispetto ai corrispondenti prodotti non Made in Italy. La qualità della produzione nazionale, inoltre, viene riconosciuta anche nel settore moda/abbigliamento: solo il 15,1% degli intervistati, infatti, non è disposto a spendere di più rispetto al prezzo medio di mercato.

 

La disponibilità a una spesa maggiore per specifici beni e servizi Made in Italy si ritrova, in primo luogo, nell’importanza che, al momento dell’acquisto, viene attribuita alla produzione nazionale. Tra i settori in cui l’attenzione dei consumatori risulta più alta, infatti, ci sono tutti quei comparti nei quali il brand Made in Italy è considerato tradizionalmente forte. In modo particolare agricoltura e alimentare, settori indicati da oltre la metà del campione (57,4%), seguiti dalla ristorazione, dal turismo e dalla moda/abbigliamento

 

Il fascino del Made in Italy è avvertito soprattutto dai giovani che, in determinati settori, sono disposti a pagare anche oltre il 50% in più per un prodotto di origine italiana. Le generazioni più recenti, del resto, sono sempre di più alla ricerca di prodotti etici e sostenibili, ma anche di nuovi valori come il luogo di origine.

 

Un altro aspetto importante del Made in Italy è quello connesso alla sua contraffazione e alla sua imitazione. In questo senso, per sostenere le aziende in questo sforzo, secondo il 58,4% del campione sarebbe necessaria l’istituzione di certificazioni di garanzia che permettano di tracciare il percorso del prodotto: dall’acquisto delle materie prime alla produzione, fino alla vendita. Inoltre, per tutelare il valore del Made in Italy, il 36,5% degli intervistati ritiene opportuno, come forma di protezione, l’introduzione di marchi aggiuntivi da inserire sui beni per renderne più difficile la contraffazione.

 

Anche perché vale ben 120 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo. Sulla spinta dei recenti eventi geopolitici che frenano gli scambi commerciali, favoriscono il protezionismo e moltiplicano la diffusione di alimenti contraffatti che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale, Coldiretti stima come “oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre siano falsi. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo la Coldiretti ci sono i formaggi partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tutti i continenti. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano”. Anche i vini vengono falsificati, “dal Chianti al Prosecco che non è solo la Dop al primo posto per valore alla produzione, ma anche la più imitata”.