Mood Food, per ritrovare il buonumore a tavola

I passaggi stagionali possono rivelarsi impegnativi sul piano delle energie fisiche e mentali. Almeno una donna su dieci dichiara di avvertire affaticamento, difficoltà di concentrazione, tristezza. Perché allora non farsi aiutare dalla dieta per ritrovare quello slancio che ci serve per affrontare le tante sfide della nostra vita quotidiana?

 

Ci sono degli alimenti che vengono chiamati mood food, perché rappresentano dei veri e propri alleati per restare in forma e contrastare lo stress in quanto sono ricchi di sostanze equilibranti e rinforzanti e sono capaci di stimolare la produzione di endorfine e degli ormoni, che decidono della qualità del nostro umore.

 

Attenzione, però, a non confondere i mood food con i comfort food, quei cibi sui quali spesso ci gettiamo, magari negli orari più improbabili, quando siamo in preda alla tristezza e vogliamo coccolarci un po’. Ecco, quelli spesso sono amici apparenti: soprattutto se molto calorici possono diventare responsabili dei tanto temuti chili di troppo, e dunque, alla fine, una ulteriore fonte di disagio e di cattivo umore.

I mood food, invece, stimolando la produzione di serotonina, responsabile oltre che del nostro buonumore, anche della sensazione di sazietà percepita dal nostro cervello, spesso spengono la fame, soprattutto se di origine nervosa ed emotiva, e tengono lontano il desiderio di cibi dolci e grassi.  Inoltre, possono esercitare un potere anti-infiammatorio e rinfrescante per l’intestino, non a caso chiamato il nostro secondo cervello, per la sua influenza sul nostro complessivo benessere psico-fisico. Il cibo non può avere effetti miracolosi, ma sceglierlo di buona qualità, variarlo e seguire qualche consiglio nella composizione della propria dieta possono rappresentare un valido aiuto per ciascuno di noi.

 

Ma vediamo quali sono i dieci principali mood food da inserire nella nostra alimentazione per difenderci da stress, insonnia e apatia.

 

Cioccolato fondente: è il cibo del buonumore per eccellenza, ricco com’è di triptofano, precursore della serotonina e di antiossidanti e teobromina, un alcaloide naturale del cacao dagli effetti stimolanti.

 

Lattuga: ricca di flavonoidi e dal potere rilassante, è anche uno degli alimenti cosiddetti a calorie negative, la cui digestione di solito consuma più calorie di quante ne apporti il mangiarla.

 

Avena: ricostituente, anti-infiammatoria, ricca di fibre, possiede anche la proprietà di favorire il rilassamento e un sonno sereno e profondo.

 

Banane: ricche di potassio, magnesio e triptofano, danno energia, contrastano la ritenzione idrica, limitano l’insonnia e promuovono il buonumore.

 

Frutta secca: in modo particolare noci e mandorle, ricche di magnesio, grassi vegetali e Sali minerali preziosi.

 

Cavolo: grazie al buon contenuto di magnesio, dall’azione calmante, stimola anche la produzione di serotonina, mentre per la presenza di vitamina B9, favorisce il buon funzionamento del sistema nervoso e del metabolismo;

 

Uova: per la ricchezza di proteine, di tirosina, che migliora i riflessi e favorisce la trasmissione degli impulsi al cervello, vitamine E e D e di antiossidanti;

 

Lenticchie. Contengono ferro, potassio e fosforo, tutti Sali minerali preziosi per la salute del nostro sistema nervoso;

 

Affettati leggeri: come la bresaola e il prosciutto crudo, che rappresentano un’ottima fonte di proteine e di vitamina B12;

 

Pesce: come salmone, tonno, sgombro, alici e sardine, apporta vitamina D e Omega 3, grassi essenziali fondamentali nella produzione di serotonina e dopamina;

 

Latte e yogurt: Ricchi di vitamine del gruppo B, triptofano e calcio, i latticini hanno un’azione sedativa sul sistema nervoso. Lo yogurt e i latti fermentati contribuiscono alla buona salute del microbiota intestinale.

 

Buona dieta del buonumore a tutti!

I conscious eater: nel carrello prodotti free-from, rich-in, etici e sostenibili

Consumatori sempre più green ed etici. Non è più un auspicio, ma una realtà in forte consolidamento. Secondo l’indagine NielsenIQ parliamo di una grossa fetta della torta dei consumatori, qualcosa come Il 31% delle famiglie. Una fetta in allargamento costante che ha origine nell’importanza che noi italiani da sempre attribuiamo al cibo: il 92% delle famiglie ritiene infatti che si tratti di un’esigenza fondamentale nella propria vita quotidiana. La novità è rappresentata proprio dalla crescita delle tendenze green e sostenibili, all’ettenzione di quella categoria di popolazione che viene definita “conscious eater”.

 

Chi sono i conscious eater? Sono acquirenti che assumono modelli nutrizionali e di acquisto alimentare basati su valori green, etici e di benessere.

 

Il 36% delle famiglie italiane, per esempio, controlla letichetta dei prodotti alimentari e verifica gli ingredienti, il 31% punta a ridurre il consumo di carne e l’11% predilige un regime alimentare con un impatto minore sull’ambiente.

 

Nel biennio 2020-2021 i consumatori, in Italia come all’estero, hanno cominciato a scegliere alimenti alternativi alla carne, di origine vegetale. Una tendenza, quella della diminuzione nell’assunzione di carne, che in Italia è cresciuta del 42%, in Germania e Stati Uniti  del 37%. I motivi? La sostenibilità la salute e il prezzo. Ma come sta cambiando il carrello, ovvero la spesa, degli italiani? La decima edizione dell丹sservatorio Immagino di GS1 Italy evidenzia un calo significativo degli zuccheri, un leggero aumento nel consumo dei grassi e uno più sostenuto nel consumo di fibre.

 

I riferimenti sul packaging all’italianità dei prodotti, dalla bandiera italiana alla scritta “100% italiano”, hanno aumentato negli ultimi anni in modo significativo il loro peso nel carrello della spesa, rivelandosi un fattore decisivo nelle scelte d’acquisto dei consumatori. Un discorso che  vale anche per le Dop e le altre certificazioni di qualità o indicazioni geografiche europee. Inoltre, salgono a un quarto del fatturato del paniere in esame nella ricerca, gli alimenti free-from, ovvero quelli che segnalano in etichetta l’assenza di un ingrediente: “senza conservanti”, “senza olio di palma”, “senza zuccheri aggiunti” e i più recenti “non fritto”, “senza polifosfati”, “senza aspartame” e senza antibiotici che risulta la dicitura più in crescita con un +18,4% delle vendite in supermercati e ipermercati.

 

In parallelo al successo del free-from cresce anche il suo opposto, ovvero il rich-in, ovvero quei prodotti che prevedono la presenza, in assoluto o in forma maggiore, di uno specifico ingrediente. Da segnalare, in questo caso, la forte attenzione ai prodotti ricchi di proteine, zinco, magnesio e potassio, vitamine e Omega 3 su tutti. Infine, in ottima salute sono anche le attenzioni di consumo che si concentrano sul vegetariano (+5,3%) e vegano (+5,7%), oltre alle certificazioni sulla responsabilità di filiera e sui metodi di lavorazione dei prodotti: a crescere in particolare sono i non filtrati, i lavorati a mano e gli artigianali. Dal punto di vista della consistenze del cibo, la definizione di “croccante” si posiziona al primo posto, con una domanda cresciuta del 5,1%, sopratuttto nei gelati, nel pesce panato e surgelato e nelle patate surgelate.

 

Una gustosa alternativa della pasta? L’Orzo perlato Ohi Vita: nutriente, leggero e digeribile

Ricco di fibre, proteine, sali minerali e vitamine com’è, l’orzo è un cereale estremamente nutriente che può essere cotto velocemente al posto della pasta, quando viene eliminata la parte più esterna del suo chicco, come nell’Orzo perlato della linea Ohi Vita. Un alimento energetico indicato per tutte le età, che si rivela molto versatile e adatto per tante preparazioni, come zuppe, minestre, torte salate e insalate fredde… insomma, una varietà di ricette capaci di incontrare il gusto di tutti e promuovere in modo attivo il nostro benessere a tavola.

 

Costituito per il 70% da carboidrati, per il 15% da fibre e per il 10% da acqua, l’orzo, infatti, è un cereale dai mille benefici nutrizionali, che l’uomo conosce fin dalle origini della agricoltura nella Mezzaluna Fertile, dove rappresentava una delle prime e principali coltivazioni.

 

Plinio il Vecchio nella sua opera enciclopedica Naturalis Historia racconta che l’orzo, per l’energia che mette a disposizione di chi lo mangia, era addirittura uno degli alimenti base della dieta dei gladiatori, in forma di una polenta ottenuta sminuzzando i chicchi e cuocendoli con acqua bollente e sale.

In effetti, oltre ad essere facilmente assimilabile, l’orzo unisce al ricco contenuto nutritivo anche proprietà quasi terapiche, per le sue virtù lenitive e rinfrescanti. La presenza di fibre aiuta la regolarità intestinale, riducendo ogni eventuale senso di gonfiore, e contribuisce a tenere sotto controllo il colesterolo cattivo, rivelandosi un ottimo alleato del nostro cuore. Le vitamine del gruppo B di cui è ricco sono inoltre utili per il buon funzionamento del sistema nervoso, e rendono l’orzo un alimento indicato nei passaggi stagionali perché contribuisce a contrastare la stanchezza e lo stress. L’orzo è poi consigliato nella dieta delle donne in gravidanza, per il suo contenuto di acido folico e di Sali minerali, come fosforo e potassio, e durante l’allattamento, per le sue proprietà galattogene.

 

L’Italia, con una superficie coltivata a orzo pari a circa 300.000 ettari, vanta una produzione che supera 1 milione di tonnellate, di poco inferiore al fabbisogno nazionale.

Riscoperto da qualche anno, dopo essere stato sostituito dal frumento di origine americana, più ricco di glutine e più adatto alla panificazione, l’orzo è oggi al centro di una rivalutazione dovuta alla sua robustezza e resa come pianta.  È infatti l’unica pianta conosciuta tra le specie coltivate che può crescere a nord del circolo polare artico, a oltre 4000 metri di altezza in Tibet, così come nella fascia predesertica in medio Oriente. Questa straordinaria adattabilità ai climi più diversi ha portato un recente studio internazionale a identificare nelle circa 400 varietà provenienti da più di 70 Paesi la presenza di sequenze di geni che sarebbero capaci di “leggere” le condizioni ambientali, modellandovi il ciclo vitale della pianta, con una capacità di adattamento preziosissima di fronte ai cambiamenti climatici in atto.

 

Se poi la coltivazione avviene secondo il metodo biologico, che esclude l’impego di sostanze chimiche, allora possiamo stare sicuri che quello che mangiamo non farà bene soltanto a noi, che lo scegliamo, ma anche all’ambiente e alla sua biodiversità.

L’Orzo perlato della linea Ohi Vita è un prodotto certificato con logo Euro-leaf, che ne attesta la provenienza da agricoltura 100% biologica.

Social food. Cosa cercano e di cosa parlano le persone su Twitter? Di regimi alimentari, proteine vegetali e sostenibilità

I social network sono sempre più al centro delle nostre vite e a loro, spesso, ci rivolgiamo anche per cercare, comprendere e capire gli stili di vita che si stanno diffondendo in tutte le parti del mondo. Anche, se non soprattutto, per quello che riguarda l’alimentazione, uno degli argomenti più presenti sul web come numero di documenti e interazioni.

Monitorare il settore alimentare sui social network rivela, quindi, quello che cerchiamo, come ci informiamo e quali sono i trend del momento. Il Twitter Birdseye Report è proprio un’indagine che studia le parole più cercate e discusse in materia. In quest’ultimo anno, per esempio, emerge come le conversazioni sulla sostenibilità alimentare siano cresciute del 13% e come sia la Gen Z, ovvero quella dei nativi digitali nati tra il 1995 e il 2010, a guidare questo genere di curiosità con il 46,5% dei tweet.

 

Nei primi mesi del 2022 le tematiche food più cercate sono connesse alla sostenibilita e alla salubrità degli alimenti: dalle proteine vegetali al cibo d’asporto sostenibile fino ai regimi alimentari più sani.

 

Uno dei temi portati in evidenza dal report riguarda l’aumento, nell’interesse dei consumatori, di un confronto sul tema delle proteine a base vegetale, ovvero sulla possibilità di sostituire la carne con legumi, semi, germogli e altre alternative proteiche. Con la diffusione del veganismo, ma anche di altre sensibilità alimentari che puntano a ridurre il consumo di carne, le ricerche degli utenti Twitter percorrono con frequenza i temi della sostenibilità alimentare, di un’alimentazione più legata al consumo vegetale ma anche, forse più per curiosità che altro, sono intrigate da altre proteine come quelle derivate dagli insetti.

 

Un altro dei temi portanti nelle conversazioni su Twitter di quest’ultimo anno è stato il packaging degli alimenti, soprattutto per quanto riguarda l’asporto e la consegna a domicilio. Con la forte espansione del delivery durante la pandemia, i consumatori hanno anche imparato a porre attenzione alle soluzioni di confenzionamento rispettose dell’ambiente, agli imballaggi biodegradabili e sostenibili, alle cannucce compostabili, ai contenitori riutilizzabili e alle pellicole alimentari a base vegetale. Su questo argomento si è, infatti, registrata una crescita del 34% nel volume totale delle conversazioni su Twitter sotto la parola chiave “consegna”.

 

Il terzo trend emerso da Twitter si definisce dall’aumento costante delle conversazioni sul mangiare sano, salite quest’anno del 17%. Le ricerce hanno riguardato molte tipologie diverse di diete, a partire da quella mediterranea e dal veganesimo fino ad arrivare al digiuno intermittente e alla dieta paleolitica, ovvero quella che prevede il solo consumo di alimenti che erano presenti in quell’epoca: per lo più carne, pesce, verdura, semi, radici, bacche, frutta e miele. In questo senso, ben il 19,6% delle conversazioni relative a una dieta sono state indirizzate alla condivisione di immagini dei piatti preparati dagli utenti stessi, così da creare delle vere e proprie community omogenee per la diffusione di abitudini alimentari più sane.

 

La sostenibile circolarità delle arance

Oltre ad essere un frutto ricco di proprietà benefiche antiossidanti e a sostegno del nostro sistema immunitario, l’arancia è una risorsa preziosa anche quando si parla di economia circolare.  Perché delle arance è possibile non buttare via niente, e quelli che sono scarti della loro lavorazione si prestano a molteplici usi ulteriori, alimentari e non. A partire dal pastazzo di agrumi, ovvero quell’insieme di buccia, semi e polpa che deriva dalla spremitura industriale delle arance.

 

Trattato fino a poco tempo fa come un rifiuto, con i conseguenti costi ambientali e sociali legati allo smaltimento, grazie a ricerca e innovazione applicata, questo scarto, che costituisce più del 50% del peso delle arance, è diventato un sottoprodotto prezioso per diversi scopi.

 

E poiché è disponibile in abbondanti quantità – in Italia si producono ogni anno circa 700.000 mila tonnellate di pastazzo con un costo di smaltimento pari a circa 30 euro a tonnellata – questa è davvero una buona notizia.

 

Il suo primo impiego come materia prima seconda di pregio è stato quello legato alla produzione di una fibra tessile, chiamata Orange fiber, grazie al progetto di due startupper catanesi, Adriana Santanocito ed Enrica Arena, che, con la collaborazione del Politecnico di Milano, si è concretizzato nel brevetto del processo di estrazione di cellulosa adatta alla filatura dagli scarti degli agrumi nell’industria alimentare. Un progetto che ha conquistato il mondo della moda sempre più alla ricerca di un approccio e di un messaggio di sostenibilità come scelta di stile. Orange fiber, oltre ai numerosi riconoscimenti ottenuti, lo scorso anno ha vinto il Vogue Yoox challenge 2021 – The Future of Responsible Fashion per l’innovatività del prodotto.

 

Ma accanto a questo utilizzo, se ne possono affiancare anche altri di significativo valore economico, sempre legati a scopi alimentari, come la produzione di una farina di agrumi capace di ridurre l’impiego di grassi in tantissimi prodotti dolciari, una ricerca alla quale ha lavorato l’Università di Catania, in collaborazione con aziende locali e con la società di consulenza per l’industria agrumaria Citrech.

 

Il pastazzo, infatti, contiene soprattutto carboidrati insolubili come pectina e cellulosa oltre a zuccheriacido citrico, acidi grassi, calcio, potassio, oli essenziali e antiossidanti. Pertanto, dalla sua essiccazione e macinazione si può ricavare una farina dalle caratteristiche simili alle fibre alimentari e in grado di assorbire acqua in quantità pari a 8 volte il suo peso». Trattenendo acqua, la farina di agrumi può conferire ai dolci la morbidezza necessaria, riducendo l’impiego dei grassi: l’aggiunta del 5% di fibra di arancia alla farina di grano permette di ridurre fino al 50% la quantità di grassi nell’impasto.  Il gusto dolce degli agrumi, poi, rende questa farina un ingrediente perfetto anche per aromatizzare in modo piacevole tante preparazioni.

L’economia circolare ci sta insegnando a trarre il massimo vantaggio da ciò che produciamo e a non considerare rifiuti quegli scarti che offrono ancora molte opportunità. Alla fine si tratta di portare su larga scala quello che i nostri nonni hanno sempre fatto, soprattutto nelle campagne, quando, consapevoli della fatica che costava quel che riuscivano a produrre, si ingegnavano per buttare via il meno possibile. Le arance, il più tipico frutto mediterraneo, hanno tutte le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista anche in questa nuova economia di recupero, riutilizzo e contrasto allo spreco.

 

 

Simbolo di fortuna e fertilità, l’uovo è uno degli alimenti più completi e versatili. Soprattutto in primavera

Le uova non sfuggono a nessun menù primaverile, soprattutto nel periodo di Pasqua: sode, in frittate e torte salate, con la carne, le verdure e nei dolci, raccontano una storia che affonda le sue radici nella notte dei tempi. L’uovo ha, infatti, rappresentato per secoli un messaggio di fortuna e fertilità spesso associato alla nuova stagione primaverile, a partire dall’Antica Persia o dalle tradizioni pagane. I romani, per esempio, usavano mettere un uovo dipinto di rosso sottoterra nei campi coltivati così da rendere propizio il raccolto. Fu, poi, il cristianesimo a ereditarne la simbologia di rinascita sovrapponendola alla Resurrezione pasquale: allora l’uovo, che contiene una nuova esistenza al suo interno, torna alla vita abbandonando il guscio vuoto. È di questo periodo l’usanza di benedire le uova e donarle ai fedeli durante la Messa, mentre bisogna andare in Germania per incontrare la tradizione di colorare le uova sode e  scambiarsele a primavera.

 

Ricche di proteine nobili, ideali per tantissime ricette della tradizione e non solo, le uova biologiche Ohi Vita sono al 100% italiane, con filiera certificata e da galline allevate a terra, senza l’uso di antibiotici.

 

Le uova contengono tutti gli aminoacidi essenziali alla nostra salute, ovvero quei mattoncini delle nostre cellule che non siamo in grado di auto produrre.

 

Le uova sono fonte di vitamine, principalmente vitamina A, che contrasta i disturbi della vista e protegge le ossa e la pelle, e vitamina B (biotina), che sostiene il metabolismo energetico. Contengono anche la vitamina D.

 

Ma, affrontiamo la questione delle questioni: è nato prima l’uovo o la gallina? Oggi abbiamo la risposta a questo eterno dilemma. L’uovo esiste da ben prima della comparsa degli uccelli: le prime uova al mondo risalgono infatti alla specie dei rettili, vissuti circa 350 milioni di anni fa mentre le prime tracce di uova di uccello risalgono a circa 200 milioni di anni fa. Invece, l’uso dell’uovo in cucina risale a tempi antichi: già gli Egizi erano soliti nutrirsi delle uova dei volatili da cortile.

 

E l’uovo di Colombo? Anche lui ha una storia da raccontare: si narra che al rientro dal suo primo viaggio in America, Cristoforo Colombo venne deriso da alcuni nobili spagnoli che volevano sminuire l’impresa compiuta e lo sfidarono a mettere un uovo diritto su un piano. Nessuno vi riuscì tranne lui, che diede un piccolo colpo all’uovo per incrinarne leggermente il guscio e metterlo in perfetto equilibrio. Tutti avrebbero potuto trovare un modo per farlo ma solo lui ci riuscì, proprio come fu lui l’unico a scoprire un nuovo continente. La prova di Colombo è stata possibile grazie alla resistenza delle uova che, malgrado abbiano un guscio molto sottile, possono sopportare la pressione di diversi kg: a dispetto della sua apparente fragilità il guscio di un uovo èspesso dagli 0,3 agli 0,4 mm.

 

Da sempre l’uovo è famoso per essere buono. Si narra che Dante Alighieri d’estate amasse sedersi sopra una pietra nel centro di Firenze. Una volta uno sconosciuto, passando da quelle parti, gli domandò “Qual è il boccone più squisito?. E Dante rispose senza esitare: Un uovo. L’anno seguente, alla stessa ora e nello stesso posso, il sommo poeta era seduto sulla medesima pietra a godere il fresco della sera quando passò lo sconosciuto che Dante non aveva più visto da allora. Il tizio si fermò e gli domandò: “Con che?” e Dante, sempre senza esitare, rispose: “Col sale”.

 

Le uova biologiche Ohi Vita sono sane e in grado di garantire tutte le loro migliori proprietà nutritive. La loro provenienza certificata e tracciata racconta una delle migliori tradizioni del saper fare italiano. L’Emilia-Romagna conserva e rinnova, infatti, un’antica tradizione di qualità nell’allevamento avicolo e nella gestione dei centri di imballaggio per le uova. Un saper fare che ritroviamo nelle uova biologiche Ohi Vita, a partire dalla cura delle galline allevate a terra, senza l’uso di antibiotici, nutrite con mangimi di provenienza biologica e certificare un controllo continuo, scrupoloso ed accurato lungo tutta la filiera produttiva.

E tu mangi in modo consapevole? Alcuni consigli per una mindful eating

Con l’estate ormai alle porte, e la fatidica prova costume che incombe, è tempo di porre attenzione a quel che mangiano. Ci sono quei chili di troppo che ballano sulla bilancia, ma anche la voglia di sentirsi in forma, recuperare un rapporto sereno col nostro corpo ormai libero dalle costrizioni della stagione fredda, scrollarsi di dosso (letteralmente) tutta la pesantezza che ci incupisce e perché no? anche indossare quei vestiti che tanto ci piacciono e non abbiamo nessuna intenzione di far giacere nel guardaroba.

Questo è il momento in cui può venirci in soccorso la mindful eating, l’alimentarsi in modo consapevole, ancora più di regimi alimentari mortificanti o privazioni forzate. Ricordiamo, infatti, che per restare in forma, e magari dimagrire un po’, è importante non saltare mai i pasti, a partire dalla prima colazione, e non rinunciare a nulla, scegliendo alimenti di qualità, mangiando poco di tutto e, soprattutto, gustandosi quel che si mangia.

La mindful eating nasce come modo per rieducarsi all’attività del nutrirsi, restituendogli valore, significato, soddisfazione e tempo. Perché se mangiare diventa un’attività di accompagnamento o di sottofondo rispetto ad altro oppure un’attività legata a stati emotivi più che fisiologici, ecco che il rischio di mangiare in eccesso rispetto al necessario, andando magari incontro anche a difficoltà di carattere digestivo, è proprio dietro l’angolo.

Per intenderci, mangiare mentre si lavora, mentre si guida, mentre si guarda la televisione o si usano pc o smartphone rappresenta l’opposto della mindful eating. Si chiama mindless eating, o alimentazione distratta, spesso è legata a comportamenti ripetitivi e frettolosi, se non a stati ansiosi, e quasi sempre è la causa principale di eccessi alimentari e sovrappeso.

Ma come facciamo a mangiare in modo davvero consapevole, così da migliorare la nostra esperienza alimentare e promuovere il nostro benessere, imparando ad ascoltare il nostro corpo? Da ricerche psicologiche sul campo vengono alcune indicazioni utili a fare scelte soddisfacenti e nutrienti.

Ecco cinque consigli che potranno esserci preziosi:

  • Fissare i pasti più o meno alla stessa ora ogni giorno, dedicandosi abbastanza tempo per godersi il pasto o lo spuntino;
  • Pensare con gratitudine al cibo che si sta mangiando: da dove viene, la sua stagionalità, chi lo ha cucinato, l’interpretazione della ricetta;
  • Prestare ad aspetto, sapore, odore, ingredienti della pietanza, coinvolgendo attivamente tutti i sensi mentre si mangia;
  • Servire porzioni contenute per non eccedere o sprecare, usando piatti un po’ meno grandi;
  • Mangiare con lentezza assaporando piccoli bocconi e masticando bene per gustare il cibo e riconoscere il momento della sazietà.

In fondo, recuperare il valore e il piacere profondo del cibo e dell’atto del mangiare è uno dei modi migliori per riconnettersi con il nostro corpo e volerci bene.

Allora… buona mindful eating a tutti!

 

Spaghetti alle vongole veraci: in un piatto tutto il gusto e il profumo del mare

Poche cose riescono ad evocare la bella stagione come il sapore del mare. Sarà per questo che sulle ali del gusto di un buon piatto di spaghetti alle vongole possiamo immaginarci su qualche costiera tiepida di sole e salsedine, come lo sono tante nel nostro Paese.

 

Che si preferisca la versione bianca o quella rossa, arricchita da pomodorini, le protagoniste indiscusse di questo primo piatto, veloce da preparare e di sicuro successo, sono le vongole veraci, che devono essere davvero freschissime, tanto che alcuni sostengono che il primo ingrediente della ricetta sia il giro mattutino al mercato del pesce, dal proprio rivenditore di fiducia.

 

Proponiamo qui la variante con i pomodorini.

 

Ingredienti: 400 gr di spaghetti, 1 kg di vongole veraci (già stabulate); 400 gr di ciliegini; 2 spicchi di aglio; 1 cucchiaio di prezzemolo tritato; peperoncino qb; olio extravergine d’oliva qb; sale qb

 

Sciacquare le vongole fresche, scolarle e porle in una padella alta e capiente con 3 cucchiai di olio evo, uno spicchio di aglio e del peperoncino a piacere. Far cuocere per circa 10 minuti a fiamma vivace e col coperchio, fino all’apertura delle vongole (scartare quelle che eventualmente restassero chiuse). Quindi togliere le vongole dal tegame e mettere da parte l’acqua di cottura. Nello stesso tegame scaldare l’olio extra vergine con lo spicchio d’aglio e un po’ di peperoncino. Lavate e tagliate i pomodorini, aggiungeteli in padella e fateli cuocere per circa 15 minuti. Aggiungere le vongole e versare poco a poco l’acqua di cottura conservata. Aggiungere gli spaghetti cotti al dente e fare saltare a fuoco vivace. Spolverare con prezzemolo tritato prima di servire ben caldi.

 

Parlando di immaginazione, dobbiamo però ricordare una ulteriore variante di questa pietanza, chiamata “spaghetti alle vongole fujute”, che si può preparare quando…. le vongole proprio non ci sono, “sono scappate”. Sarà il prezzemolo aggiunto in buona quantità a creare l’illusione della loro presenza.

 

Un comprimario che diventa attore principale, si potrebbe dire, visto che questa ricetta sembra sia stata “inventata” dal grande Eduardo De Filippo che, una sera, al termine di uno spettacolo, si trovò a improvvisare una cena a tarda ora con quel che aveva in casa. E cioè spaghetti, prezzemolo, aglio, peperoncino e pomodorini. Forse anche soffriggere l’aglio insieme a qualche gambo di prezzemolo, un segreto della tradizione napoletana, rese quella pasta così buona e saporita che il giorno dopo Eduardo raccontò alla sorella Titina d’aver sentito veramente “il gusto e il profumo del mare”.

 

Possiamo provarci anche noi… la buona cucina, come la felicità, richiede sempre un pizzico di magia e di illusione.

È buono e può fare bene: si chiama cioccolato…

Quando si dice una buona notizia, soprattutto ora che Pasqua è alle porte e ci troveremo a mangiare il nostro uovo di cioccolato con tutta la soddisfazione del caso. Ebbene, ora potremo farlo anche senza sensi di colpa….

 

Perché, ed è questa la buona notizia, il cioccolato non solo non fa male, ma può anche aiutare a mantenerci in buona salute, grazie alle proprietà del cacao.
Sono infatti i polifenoli e i flavonoidi, di cui il cacao è molto ricco, ad esercitare una importante azione benefica: come potenti antiossidanti contrastano gli effetti dei radicali liberi, responsabili del nostro invecchiamento, agiscono positivamente sul nostro cuore e sostengono la buona circolazione del sangue e la nostra capacità di movimento.

 

Mangiare cioccolato vuol dire anche fare una buona scorta di energia: la fava di cacao è infatti un seme molto ricco, come sapevano le popolazioni centroamericane quando ne traevano la forza necessaria ad affrontare lunghe giornate di lavoro. Il cacao poi è un alimento neurostimolante, per la presenza di caffeina e teobromina, e può aiutare a combattere la resistenza all’insulina, propria del diabete di tipo 2.

 

E che dire delle endorfine che rilasciamo quando gustiamo del buon cioccolato? Tutto buonumore e benessere a portata di mano. O del triptofano contenuto nel cacao che stimola la produzione di serotonina, il nostro ormone della felicità? Un vero toccasana anti-stress nei momenti più impegnativi.  Senza dimenticare che al cioccolato vengono riconosciute anche proprietà afrodisiache.

 

Certo, il cacao è un alimento molto calorico, perciò va consumato in quantità moderate (uno, al massimo due, quadretti al giorno) e sempre di buona qualità.

 

Intanto distinguiamo tra tre tipi fondamentali di cioccolato:
il cioccolato fondente, prodotto con almeno il 45% di pasta di cacao ed il 26% di burro di cacao, è il meno calorico di tutti, quanto più cresce la percentuale di pasta di cacao che contiene.

 

Il cioccolato al latte, con mediamente il 25% di cacao ed il 14% di latte, ha almeno il 25% di grassi in più rispetto al fondente.

 

Il cioccolato bianco, privo di cacao, prodotto con burro di cacao al 20% ed almeno il 14% di latte o derivati, è il più calorico di tutti per la maggiore quantità di zuccheri e non possiede le proprietà nutrizionali del cacao, ma piuttosto quelle del latte, per il contenuto di calcio.

 

I benefici del cacao si trovano soprattutto nel cioccolato fondente, e in particolare in quello prodotto con almeno il 70% di pasta di cacao. Devono soltanto porre attenzione al suo consumo coloro che soffrono di tachicardia, di allergie o di emicrania. Per il resto, in caso di ipertensione, disturbi metabolici e cardiovascolari, stress, stanchezza e cattivo umore, il cioccolato fondente può esercitare davvero una vantaggiosa azione di protezione: sono numerose le ricerche scientifiche che lo confermano. Non a caso, l’Autorità europea preposta alla sicurezza degli alimenti (EFSA, European Food Safety Authority) ha dichiarato che il consumo di cacao rientra in una dieta complessivamente varia e bilanciata.

 

E se lo dice anche la scienza, perché non assecondare la nostra, a questo punto più che legittima, golosità?

 

Un italiano su due sogna il pisolino dopo pranzo. Aiuta a rilassarsi ma occhio all’abbiocco

Schiacciare un bel pisolino dopo pranzo è un’abitudine che, per le generazioni precedenti a quelle attuali, era piuttosto diffusa. Fino a qualche tempo fa, soprattutto con gli orari di lavori fissi che prevedevano lunghe pause pranzo, non era infrequente tornare a casa, mangiare con la famiglia e poi concedersi quell’oretta, anche meno, distesi nella penombra del salotto, se non proprio direttamente a letto. Al risveglio si tornava energici in ufficio. Poi le cose sono cambiate: i ritmi frenetici, il lavoro lontano da casa, le pause pranzo che spesso diventano altri momenti di lavoro… e il pisolino scivola nel dimenticatoio. Salvo restare in qualche modo nell’immaginario collettivo di tante persone.

 

Un’indagine Swg ha, infatti, indagato sul rapporto tra gli italiani e il desiderio di dormire dopo i pasti e:

 

a più di un italiano su due (52,8%) piacerebbe concedersi durante la giornata un riposino dopo pranzo. Un terzo di essi (36%) considera addirittura fondamentale questo piccolo momento di relax.

 

Il 61% degli intervistati è infatti d’accordo nell’affermare che “dopo pranzo il rendimento è più basso e riposare qualche minuto può aiutare ad essere più produttivi” mentre un intervistato su due vorrebbe poter fare un riposino dopo pranzo. Una sorpresa? Questa abitudine sembra mettere d’accordo tra loro anche generazioni lontane: tra i maggiori fan della siesta post pasto ci sono infatti tanto i millennials (58%) quanto gli over 65. Ma, visti i ritmi di lavoro sempre più contratti e il poco tempo che dedichiamo alla pausa pranzo, a cosa sono disposti a rinunciare gli italiani per poter riposare dopo pranzo? “Il 39% uscirebbe più tardi dal lavoro, soprattutto gli uomini (47.8%), mentre un intervistato su 3 (33%) ordinerebbe volentieri a domicilio per ridurre il tempo del pasto e averne più a disposizione per una pennichella. Il 23% sacrificherebbe addirittura 25 euro dello stipendio mensile, mentre il 22% rinuncerebbe completamente al pranzo”.

 

Quello che veramente temiamo è l’abbiocco, una forma di sonnolenza post prandiale che ci appesantisce le palpebre, ci sommerge di sbadigili e ci farebbe tanto volentieri tornare all’asilo, in quel confortevole momento di riposo collettivo dopo mangiato. Tutto ciò avviene perché la digestione necessita di una grande quantità di energia: il processo digestivo richiede un afflusso di sangue che, ovviamente, è tanto maggiore quanto più abbondante e pesante è stato il pranzo. L’ossigeno diminuisce e con lui anche la concentrazione. Ma dormire, in questi momenti, fa bene o fa male? Di certo non aiuta una corretta digestione ma, soprattutto se non si è fatto un pasto esagerato, il pisolino presenta anche degli ottimi vantaggi. Una mezzoretta di buon riposo può rivelarsi un ottimo modo per rilassarsi, smaltire le preoccupazioni e lo stress, rigenerando le energie per il resto della giornata.

 

Insomma, è anche una questione di abitudine. Se il nostro fisico prende bene il ritmo della siesta dopo pranzo, questo potrebbe rivelarsi un momento di cura del sé importante. Quindi, tornando alla ricerca, non resta che scegliere il luogo migliore in cui celebrare il rito: potendo fare un riposino dopo pranzo, “gli italiani preferirebbero farlo in una stanza dedicata al relax (44%) o, in alternativa, su un divano (26%). Uno su 10 (13%) sceglierebbe di farlo all’aperto, mentre solo il 7% opterebbe per la propria scrivania”.